CONFRONTO TRA I CANDIDATI SINDACO

 

Il circolo Legambiente di Molfetta esprime serio rincrescimento per la volontà, solo oggi espressa da Ninnì Camporeale, di disertare l’incontro fra i candidati sindaco organizzato questa sera in piazza Municipio.

L’avv. Camporeale, come gli altri candidati, ha ricevuto già da una settimana le domande che questa sera gli sarebbero state rivolte e ha sicuramente potuto constatare che l’intento degli organizzatori è quello di tentare di offrire alla città uno sguardo di lungo periodo, di riportare la politica ad occuparsi di quello di cui non riesce più a occuparsi che è poi quello per cui ci si innamora della politica e ci si vota all’impegno nel sociale.

Né vale appellarsi a precedenti esperienze di confronto – evidentemente differenti da quella che avrà luogo stasera – per legittimare un’assenza, che riflette piuttosto un atteggiamento di scarso rispetto non tanto verso chi ha organizzato l’iniziativa, quanto verso la cittadinanza intera. Un gesto, dunque, di cui l’avv. Camporeale si assumerà la responsabilità di fronte alla città e, naturalmente, ai suoi stessi elettori.

Di seguito le domande a cui – tra due ore - risponderanno i candidati.

Domanda n. 1

Molfetta ha il rapporto m2 di verde / abitanti fra i più bassi d’Italia: 4 m2 a fronte dei 9 prescritti dalle norme. Per di più si tratta di un dato virtuale, poiché nel calcolo vengono considerate anche le aree a verde trascurate e degradate e quelle, come il Parco di Mezzogiorno, mai aperte alla fruizione pubblica.
Il fiscal compact e i tagli feroci alla spesa pubblica con la grave riduzione dei trasferimenti alle amministrazioni locali, insieme alle peculiari e difficili condizioni di bilancio del Comune molfettese, fanno ritenere che per molti anni a venire chiunque si troverà a governare la nostra città dovrà fronteggiare gravissime difficoltà e forse rinunciare completamente a mantenere lo scarsissimo verde che ci tocca.
In questa prospettiva il Parco di Lama Cupa – Martina, in cui sono state concentrate tutte le aree a verde pubblico delle nuove zone di espansione (veri deserti di cemento se non fosse per i lembi di verde privato), appare come un miraggio, più che per i costi di realizzazione per quelli successivi di manutenzione. Dobbiamo rassegnarci a questa prospettiva?
Ma Lama Martina non è l’unica lama del territorio cittadino. Il contenzioso fra l’Amministrazione comunale e l’Autorità di Bacino ha portato l’opinione pubblica a concentrarsi sul ruolo idrologico svolto da queste formazioni carsiche distraendola dal vedere quello che soprattutto sono: luoghi straordinari ricchi di specificità e di qualità ambientale per troppo tempo considerate dei semplici e fastidiosi accidenti, noiosi ostacoli alla “valorizzazione” del territorio.
Mentre adiva le vie legali (e veniva sconfitto in giudizio) contro un’altra amministrazione pubblica, il Comune di Molfetta ha predisposto un piano “B”: per la mitigazione del rischio idrogeologico, ha previsto la costruzione di una rete di canaloni per intercettare l’eventuale piena e consentire di costruire lì dove già deciso. L’opera dal costo di 25 milioni di euro, occuperà 164.000 m2, comporterà 359.000 m3 di scavi e comporterà l’abbattimento di
5.000 alberi di olivo. I canaloni larghi e profondi decine di metri dovrebbero insomma svolgere quello che le lame svolgono naturalmente. Non sarebbe più semplice rivedere i piani urbanistici?

Domanda n. 2

Anche i più feroci scettici hanno dovuto arrendersi all’evidenza: nessuno mette più in dubbio la realtà e l’origine antropica del riscaldamento globale. Secondo la NOAA (National Oceanic and Atmosferic Administration) la concentrazione di CO2 nell’atmosfera ha ormai superato le 400 parti per milioni, quantità mai raggiunta negli ultimi 3 milioni di anni. L’innalzamento delle temperature sta inesorabilmente provocando lo scioglimento dei ghiacci artici rendendo già oggi praticabili le rotte polari e sempre meno credibile la vision della “nuova centralità del Mediterraneo” e della “Puglia piattaforma logistica verso l’Oriente” che ha segnato in maniera ininterrotta la politica delle amministrazioni regionali che si sono succedute dai primi anni ’90 ad oggi.
Molfetta ha pagato per il nuovo porto un prezzo assai alto che sarebbe sbagliato misurare solo con il metro delle penali pagate e del loro impatto sul bilancio comunale o della preoccupazione per la strabordante presenza degli ordigni bellici a carica speciale: il prezzo più alto la città l’ha pagato in termini paesaggistici con la distruzione di uno scorcio la cui bellezza era stata ritenuta degna di tutela da leggi statali e regionali e ribadita dalle prescrizioni con cui a suo tempo fu concessa la VIA.
Ritenete che la vicenda del porto si esaurisca nella disputa sull’adesione alla Autorità portuale del Levante o piuttosto che ci sia oggi bisogno di una visione nuova – perché le condizioni strategiche sono cambiate – e di lungo periodo che si formi attraverso un dibattito capace di coinvolgere in maniera trasparente la città, nella consapevolezza che, come dimostra in maniera clamorosa il caso di Gioia Tauro, i porti in sé non portano ricchezza, ma la ricchezza arriva quando c’è interazione fra l’infrastruttura portuale e il territorio?

Domanda n. 3

Per uno di quegli strani scherzi della storia la presenza degli scarichi fognari nel tratto di costa verso Ponente ne ha impedito la cementificazione e permesso che restasse l’unico tratto di costa integro nel nord-barese: una area protetta per la presenza importante di numerose specie di uccelli sia stanziali che di passo. Oggi la prospettiva della soluzione al problema dei liquami pone l’area al centro di progetti speculativi. Legambiente ha lanciato da ormai più di dieci anni la proposta di fare della zona un “Parco della Murgia marina”, naturale sbocco a mare dell’Alta Murgia e a quella collegato dai corridoi ecologici rappresentati delle lame. Sarebbe così possibile sperimentare e praticare forme di economia sostenibile capace di reinventare turismo e riscoprire produzioni locali (gli orti marini). Il progetto godrebbe di importanti finanziamenti europei. Anche in questo caso si tratterebbe di rendere pubbliche e trasparenti la discussione e la valutazione dei pro e contro, definendo le modalità e le finalità dell’investimento privato. Non crede che in cambio per la città si aprirebbero prospettive di occupazione e di qualità ambientale che potrebbero mitigare l’impatto del porto commerciale ed entrare in sinergia con il porto turistico?

Domanda n. 4

C’è, seppure semplicemente abbozzato nel piano del Governo Letta, l’idea di creare una sorta di RWE italiana fondendo in un grande gruppo le multiutility municipali per renderle capaci di competere in Europa. Che le fusioni siano indispensabili è cosa su cui è difficile dissentire e la nostra ASM si sta opportunamente orientando in questa direzione. D’altra parte il referendum abrogativo di due anni fa, che ha rimosso ogni obbligo alla privatizzazione delle aziende fornitrici di servizi, ha tradotto in norma quello che è sotto gli occhi di tutti in ogni parte del mondo: un oligopolio privato è per i cittadini assai meno conveniente di un monopolio pubblico. Come vedete il futuro delle municipalizzate e quale sarà in esso il ruolo del privato?

 

 

 

Primo confronto tra i candidati alla carica di Sindaco di Molfetta.

Partecipano: Piano Amato, Ninnì Camporeale, Bepi Maralfa, Paola Natalicchio, Gianni Porta.

Coordina: Antonello Mastantuoni, Circolo Legambiente di Molfetta

Si può essere pessimisti o ottimisti guardando al futuro.

Ci sono ragioni buone per giustificare entrambi gli atteggiamenti: si può essere preoccupati per il cambiamento climatico che in poche decine di anni sposterà di centinaia di chilometri verso nord l’area adatta alla coltivazione delle specie mediterranee come la vite o l’ulivo, comporterà l’innalzamento significativo del livello del mare e comporterà un forte aumento dei fenomeni meteorologici estremi; può spaventare la prospettiva dell’esaurimento delle risorse che farà esplodere nei prossimi anni il prezzo dei combustibili e determinerà l’assalto delle trivelle a quel po’ di incontaminato che ancora esiste sul pianeta (cominciando dalle isole Tremiti); ci si può interrogare con sgomento su quello che comporterà l’esplosione demografica in Africa e il contemporaneo calo della popolazione in Italia.

Oppure si può confidare nella scienza e nelle nuove tecnologie. La diffusione di tablet e palmari renderà sempre meno diffuso l’uso della carta e degli inchiostri di stampa e porterà alla scomparsa dei tir e dei furgoni che quotidianamente distribuiscono quotidiani e riviste in tutto il paese. La smaterializzazione delle produzioni grazie ai nuovi materiali e alle stampanti 3D si estenderà progressivamente a tutti i settori produttivi rivoluzionando la produzione materiale di beni e soprattutto la loro distribuzione: niente più produzione di massa e container che attraversano gli oceani, solo piccole produzioni specializzate e locali. Celle solari sempre più economiche ed efficienti contrasteranno con efficacia il costo crescente del petrolio; le nanotecnologie permetteranno di produrre dissalatori efficientissimi capaci di darci tutta l’acqua potabile di cui abbiamo bisogno e le nuove biotecnologie promettono di poter rendere fertile persino il Sahara.

Pessimisti o ottimisti quello che non possiamo permetterci di fare è ignorare le dimensioni di un cambiamento che è già qui, che già ci troviamo ad affrontare. Non è forse compito di chi si trova a guidare una comunità quello di tracciare rotte, di proporre obiettivi, di indicare traguardi? Trovare soluzioni per ridurre possibili problemi o per massimizzare gli eventuali vantaggi che potranno venire dai mutamenti?

Il confronto fra i candidati sindaco che il circolo Legambiente di Molfetta ha promosso ha lo scopo di invitare la città a guardare un po’ più lontano di quanto i tempi della politica spingano ormai a fare. E a chiedersi da cosa questi tempi siano determinati.

È paradossale come la nostra civiltà così voracemente rivolta al futuro al punto da aver fatto dell’innovazione una sorta di dio azteco, in nome del quale tutto vada sacrificato, investa in esso così poco: i nostri antenati che diedero inizio alla costruzione del Duomo sapevano che non l’avrebbero visto finito; e i nostri nonni piantavano ulivi sapendo che a raccoglierne i frutti sarebbero stati i loro nipoti. Il massimo orizzonte temporale verso il quale la politica oggi spinge lo sguardo è la durata della legislatura.

Ma non solo: sono anche spariti i luoghi nei quali discutere pubblicamente di futuro, che è come dire del senso delle nostre esistenze, del perché viviamo e del perché siamo comunità.

L’auspicio è che il dibattito possa contribuire a far riscoprire ai molfettesi il bisogno di uno sguardo di comunità, in cui le differenze fra le forze politiche appaiano in tutte le loro dimensioni per poter arrivare a scelte, se non condivise, almeno consapevoli e trasparenti.

 

 

 

 

Bari, 19 aprile 2013 Comunicato stampa


Domenica 21 aprile in cammino per fermare il consumo di suolo


Legambiente Puglia aderisce alla Marcia per la Terra a Cisternino e ribadisce il suo secco ‘no’ alle modifiche della legge regionale sugli ulivi secolari approvata dal Consiglio regionale


Il Forum nazionale “Salviamo il Paesaggio”, composto da una rete di 894 organizzazioni, promuove – in concomitanza con l’Earth Day mondiale – una Marcia per la Terra per la salvaguardia dei terreni liberi e fertili rimasti. Un cammino per fermare il consumo di suolo, quello di domenica 21 aprile, organizzato in contemporanea nelle diverse regioni d’Italia. In Puglia la Marcia della Terra si terrà a Cisternino (il punto d’incontro sarà presso il parcheggio dell’hotel Smeraldo alle ore 10) in un percorso che rappresenta la sintesi del paesaggio agrario e naturale pugliese. La scarpata murgiana e i boschi comunali di Cisternino rappresentano il punto di unione tra la piana degli olivi monumentali e la Valle d’Itria, due dei paesaggi tra i più antichi e suggestivi del Mediterraneo, fortemente identificativi della Puglia. Da Cisternino, uno dei borghi più belli d’Italia, città Slow, insignita con la Bandiera Arancione dal Touring Club, parte questo importante gesto di speranza.

 

All’iniziativa aderiscono Italia Nostra, Legambiente Puglia, Touring Club Italiano, WWF Puglia, Confederazione Italiana Agricoltori, Coldiretti, Terra Nostra Puglia, Slow food Puglia, Libera Terra Puglia, GAL Valle d’Itria, Parco Regionale delle Dune Costiere da Torre Canne a Torre San Leonardo, con il supporto organizzativo del Centro di Educazione Ambientale CEA di Cisternino.

 

Negli ultimi anni - grazie all’ostinata azione di Reti, Movimenti, Associazioni, Comitati e singoli cittadini - il tema del consumo di suolo è entrato a far parte dell’agenda delle emergenze ambientali e sociali del nostro paese. I dati recentemente confermati dall’Ispra (Istituto Superiore di Ricerca e Protezione Ambientale) parlano chiaro: in Italia otto metri quadrati di terreni vergini vengono ricoperti di cemento e asfalto ogni secondo. Ogni cinque mesi viene cementificata un’area pari a quella di Napoli e ogni anno una superficie uguale all’estensione di Milano e Firenze.Si tratta di terreno fertile che viene irreversibilmente distrutto, dal momento che sono occorsi secoli per la sua formazione.

 

Il consumo di suolo ha aggredito le parti pianeggianti del nostro (ex) Belpaese che, con cadenza regolare, vengono investite da ondate d’acqua non più libera di defluire negli alvei fluviali e punteggiano di frane ed alluvioni il nostro territorio. L’occupazione di suolo fertile non è motivata dalla crescita demografica: negli ultimi 50 anni il suolo artificiale è cresciuto da 170 a 340 m² pro capite, raddoppiando nell’arco di due generazioni.

 

E a tal proposito il presidente di Legambiente Puglia, Francesco Tarantini, ha firmato la petizione che mira ad abrogare le modifiche alla L.R. n.14/2007 sulla tutela degli ulivi secolari che fu approvata all’unanimità proprio con lo scopo di tutelare gli oltre cinque milioni di ulivi secolari monumentali pugliesi ancora oggetto di espianto e commercio illegale. «Legambiente Puglia ribadisce il suo secco ‘no’ a qualsiasi ‘ritocco’ che arrecherebbe danni irreversibili a un patrimonio unico e irripetibile come quello costituito dagli ulivi secolari, monumenti viventi della Puglia – spiega Tarantini – Proprio a tutela del concetto di bellezza dei territori, è nata lo scorso 18 marzo a Bari la costituente dei sindaci per la bellezza, con l’impegno di produrre nuova bellezza per uscire dalla crisi. Questo paese non produce più nuova bellezza, se non per qualche oggetto isolato. Il consumo di suolo, l’abusivismo, sono tutti fenomeni che rubano bellezza al nostro paese. Il disegno di legge sulla bellezza, proposto da Legambiente e composto da 10 articoli conclude Tarantini – non a caso pone l’accento su alcuni aspetti importanti quali la tutela e riqualificazione del patrimonio paesaggistico italiano e la tutela del suolo e contenimento del consumo. Ecco perché occorre impegnarsi a restituire un “valore” al nostro paesaggio considerandolo come una risorsa sociale e come fruizione turistica, dunque anche come opportunità economica».

 

 

 

Sottoscrivi la petizione per abrogare le modifiche apportate alla legge regionale che tutela gli Ulivi Monumentali:


http://www.change.org/it/petizioni/presidente-della-regione-puglia-nichi-vendola-abrogazione-modifiche-legge-n-14-giugno-2007-a-tutela-ulivi-secolari

 

Illuminazione della SP Molfetta-Terlizzi

Spreco di denaro pubblico, di energia ed enorme inquinamento luminoso

 

 

500.000 euro sprecati dalla Provincia di Bari per illuminare la strada provinciale Molfetta – Terlizzi per l’’intero percorso di 6 km.

Ben 180 pali per una potenza complessiva di 27 kW per fare di quel tratto la strada illuminata più lunga dell’’intero territorio provinciale.

Soldi e risorse sprecate, secondo Legambiente e l’associazione “Cielo Blu”, distratte da un utilizzo più appropriato, soprattutto in questo momento di sobrietà.

Una scelta non sostenibile quella di realizzare questo mega impianto di illuminazione che non può trovare giustificazioni nell’aumento della sicurezza stradale. Infatti non esistono evidenze scientifiche che dimostrino che all’’incremento di luminosità corrisponda un incremento della sicurezza stradale. Semmai succede il contrario: la maggiore luminosità può indurre gli automobilisti più spregiudicati a incrementare la velocità proprio a discapito della sicurezza.

La sicurezza stradale può migliorare con altre misure: incremento del trasporto pubblico, rispetto del codice della strada, adeguata manutenzione della sede stradale, corretta gestione delle acque meteoriche, adeguata segnaletica stradale e rimozione dei cartelli pubblicitari collocati in posizione non idonea e non conforme alle previsioni del codice della strada, sistemi passivi di segnalazione catarifrangenti e piccoli impianti a led e a basso consumo per la segnalazione dei punti critici (incroci a raso, curve pericolose, rotonde).

Nel caso della s.p. Molfetta-Terlizzi, invece, c’è da registrare oltre al danno anche la beffa. Non solo lo spreco di denaro pubblico (500.000 euro di investimento oltre ai costi di gestione), ma anche inquinamento luminoso (e non si dica che i riduttori di flusso hanno mitigato l’impatto) e tanta, tanta energia inutilmente sprecata. A danno dei cambiamenti climatici e della salute dei cittadini colpiti dall’impatto delle centrali che producono energia. Con buona pace per le strategie di riduzione dei consumi e degli accordi sul clima.

Chi ci ha guadagnato allora? Solo il partito dell'energia, delle centrali e del consumo di risorse. Quelli che ritengono che i consumi energetici possono solo aumentare e non si deve far nulla per invertire la tendenza. Quelli che intendono favorire il ritorno al nucleare e le trivellazioni petrolifere in mare.

Il circolo Legambiente di Molfetta