Ovvero come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare “I Canaloni”.

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Ancora una volta, il Comune di Molfetta ed il Consorzio ASI, nonostante tutti i dubbi espressi dal Comitato V.I.A. della Regione Puglia, dall’Autorità di Bacino e dall’ A.R.P.A., anche nelle integrazioni ai loro pareri, hanno confermato la volontà di risolvere il problema delle inondazioni nella Zona Industriale, realizzando due canali enormi che attraverseranno territorio agricolo di pregio e sfoceranno uno a cala San Giacomo e l’altro in territorio del Comune di Bisceglie.

Lame molfetta

Legambiente: l’attuale progetto non risolve il rischio inondazioni.

All’interno della conferenza di servizi, indetta dalla Regione Puglia e tenutasi il 13 marzo 2019, per valutare il “Progetto di mitigazione del rischio idraulico della zona ASI/PIP”, il circolo Legambiente di Molfetta ha ribadito la propria contrarietà allo stesso ed ha presentato, in collaborazione con Legambiente Puglia, le sue osservazioni.

2016 alluvione

Finalmente si approva il monitoraggio meteo e idraulico.

Legambiente esprime grande soddisfazione per il finanziamento di 100mila euro deliberato dalla giunta comunale del marzo 2018 per la realizzazione di un sistema di “monitoraggio per la gestione delle allerte idrogelogiche e idrauliche in tempo reale”. Intervento, questo, che la stessa associazione ambientalista aveva proposto all’indomani dell’alluvione del 16 luglio 2016, nel corso di un tavolo tecnico coordinato dal commissario Passerotti. Se un efficace sistema di allerta fosse stato già attivo al momento dell’alluvione del 2016, gran parte dei danni di quell’evento raro e eccezionale sarebbe stata efficacemente evitata.

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Legambiente partecipa ai lavori del Tavolo Tecnico istituito dal Commissario Straordinario. Tra le proposte avanzate dall’associazione: un sistema di pre-allerta e un piano per riattivare il corso originario delle lame anche mediante la ricollocazione degli opifici ubicati nelle lame.
Intanto, con un esposto alla Procura della Repubblica, Legambiente chiede l’accertamento delle responsabilità.

Non servono le ‘grandi opere’, non serve la cementificazione selvaggia del territorio. Né serve realizzare muri: una diga nelle lame, i canaloni artificiali in sostituzione delle lame naturali, i giganteschi bacini di accumulo che consumerebbero ancora la risorsa suolo preziosa e già a rischio.