Conferenza Stampa: Molfetta, 24 aprile 2004

 Giù le mani dall’oasi

 

Perché il Tar Puglia ha salvato l’oasi Torre Calderina di Molfetta-Bisceglie.Tutta la verità su uno scempio evitato.

 

 

Disprezzo delle norme di tutela vigenti su un’oasi, superficialità e vistose leggerezze commesse da funzionari e organismi decisionali, incapacità a stimare il valore paesaggistico e naturalistico di un’area alle porte della città che, se correttamente pianificata e gestita, potrebbe fare da volano a innovative opportunità di sviluppo turistico per la città. La vicenda del tentato scempio all’ombra di Torre Calderina è (per l’esito conseguito) il segno della sconfitta di un’annosa “logica” di maldestra gestione del territorio, noncurante non soltanto del benessere collettivo della comunità, ma anche del più comune rispetto delle leggi. Come ha con chiarezza evidenziato anche la sentenza pronunciata dal Tar il 19 aprile scorso.

 

La sentenza

 

“Su istanza della Ho.ri.ba. S.n.c. – hanno riepilogato gli avv. Paola Zaza e Michele Jacono, consulenti legali di Legambiente Puglia – il sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini, e il presidente della giunta regionale, Raffaele Fitto, il 12 dicembre 2001 sottoscrivevano un accordo di programma per la realizzazione di un complesso turistico-alberghiero sulla strada SS16 al Km 771, 500 in contrada Torre Calderino: è contro la procedura tesa al compimento di questo accordo di programma che la Legambiente Puglia, il 26 ottobre 2002, ha proposto ricorso al Tar Puglia – Bari”. Ricorso, quello di Legambiente, che ha preso le mosse dai pesanti vizi di legittimità che gravavano sulla procedura.

“Il Tar, accogliendo il ricorso – continuano gli avvocati – ha evidenziato che il sito non ricade in un ambito territoriale esteso, come erroneamente sostenuto ex adverso, ma in un ambito territoriale distinto [cfr. le definizioni secondo la perimetrazione del Putt/p regionale, nda], in quanto oasi di protezione sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi della legge 1947/39”.

Né la sentenza ha mancato di chiarire responsabilità ed errori: “E’ stato accolto il secondo e il terzo motivo del ricorso: rispettivamente per carenza di autonomia istruttoria, essendosi la giunta regionale limitata a introdurre nella propria delibera approvata il 9 luglio 2002, sic et simpliciter, una relazione peritale della parte privata; per carenza di motivazione perché la stessa delibera non esplicitava la compatibilità ambientale dell’opera in relazione alla reale tipizzazione del sito quale ambito territoriale distinto – sottoposto alle prescrizioni previste, in merito, dalle Nta del Putt/p”.

Illegittimo, dunque, per il Tar (“per illegittimità derivata”) l’intero accordo di programma sottoscritto tra il sindaco e il presidente della giunta regionale il 12 dicembre 2001.

 

L’insediamento ‘bocciato’, l’oasi salvata

 

Il progetto presentato dalla ditta Ho. Ri. Ba. di Bombini S.n.c., interessava un’area di 17000 mq, adiacente al residence Nettuno e ricadente nell’oasi di protezione avifaunistica “Torre Calderino” [comunemente “Torre Calderina”, nda]:  previsti un albergo alto 9 metri (40 camere) con sale per meeting; undici bungalows; due piscine; un parcheggio.

L’oasi (che si estende dal retro del santuario della Madonna dei Martiri fino a Cala di Ripalta, in territorio biscegliese) è zona di ‘passo’ per gli uccelli ed è stata riconosciuta, con decreto ministeriale del 1985, “bellezza naturale” e “area di notevole interesse pubblico”: si tratta di una delle più suggestive località costiere del nord barese per la presenza di siti di valore archeologico da indagare e tutelare, come Cala San Giacomo, di strutture storico-architettoniche da recuperare, come Torre Calderina, di un patrimonio floristico e faunistico di singolare importanza in ambito mediterraneo, di emergenze naturalistiche di valore, come la zona di Pantano e delle grotte di Ripalta. Associazioni e comitati spontanei di cittadini, prima e dopo l’approvazione dell’accordo di programma, hanno più volte espresso il loro dissenso, ricorrendo a incontri pubblici, raccolte firme, azioni di sensibilizzazione. Senza ottenere mai di essere davvero ascoltati.

 

 

Deregulation, speculazione e gestione non armonica del territorio

 

Premesse non vere e tutele ignorate (o inopitamente aggirate): di qui è nato il ricorso avanzato di Legambiente Puglia, su sollecitazione del circolo Legambiente di Molfetta che in questi anni ha in più sedi espresso e motivato il proprio no, netto, all’insediamento Ho.ri.ba.

Anche la locale sezione di Rifondazione Comunista evidenziò, ai tempi della sottoscrizione dell’accordo di programma, i nodi critici di quell’operazione. Il consigliere comunale di Rc, Antonello Zaza, prima dell’ok del consiglio comunale all’accordo di programma, segnalò le irregolarità contenute nella documentazione prodotta dal Comune, nella quale, ad esempio, non si specificava la presenza di un’oasi sottosposta a vincolo faunistico. “Abbiamo assistito nel corso di questa vicenda – dichiara oggi Zaza - a un chiaro tentativo di speculazione che, al solito, ha fatto il paio con una pessima gestione del territorio, affatto mirata alla salvaguardia delle risorse naturali, per quanto la tutela fosse prevista dagli strumenti della pianificazione. D’altra parte, ha dell’incredibile la contraddizione in cui è caduta l’amministrazione comunale, che non ha esitato ad autorizzare questo consistente insediamento in un’area già perimetrata come oasi di protezione - con pesanti vincoli di inedificabilità - dallo stesso consiglio comunale, in conformità al Putt/p regionale”.

Sulle leggerezze, non solo formali, commesse da Comune di Molfetta e Regione, Massimiliano Piscitelli, coordinatore provinciale di Legambiente commenta: “Incredibile è anche l’argomento più volte sostenuto dall’amministrazione comunale, secondo il quale quell’insediamento sarebbe stato possibile giacché l’area interessata dall’intervento è ad oggi adiacente ad altre strutture ricettive e per giunta ricoperta da un tappeto di inerti calcarei: un modo davvero singolare di contrastare il degrado in una zona di pregio naturalistico. Cemento, interventi spot e noncuranza dei regimi di tutela stabiliti dalla legge, anziché pianificazione sistemica, rinaturalizzazione e gestione armonica di tutta l’area: un vero insulto al territorio e al diritto di tutti i cittadini a fruirne pienamente”.

Un insulto che, evidentemente, dopo il no di cittadini e comitati spontanei, ha meritato anche il sonoro stop pronunciato in un’aula di tribunale.

 

Tiziana Ragno,Ufficio stampa Legambiente Puglia